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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-02-05

L'allarme della direzione antimafia di Palermo dopo la sospensione di un procedimento

In una norma del pacchetto sicurezza aggravanti che fanno salire le pene e spostano i casi in Assise

"Nuove leggi, tribunali incompetenti"

A rischio molti processi di mafia

Alfano: "Non permetteremo che i boss ricevano paradossali benefici"di

 

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Dalessandro Giacomo

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REPUBBLICA

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2010-02-05

L'allarme della direzione antimafia di Palermo dopo la sospensione di un procedimento

In una norma del pacchetto sicurezza aggravanti che fanno salire le pene e spostano i casi in Assise

"Nuove leggi, tribunali incompetenti"

A rischio molti processi di mafia

Alfano: "Non permetteremo che i boss ricevano paradossali benefici"di ALESSANDRA ZINITI

PALERMO - Alfano rassicura: "Non permetteremo che i boss abbinao paradossali benefici". Ma intanto l'allarme è scattato. L'inasprimento delle pene per i mafiosi rischia di far saltare decine e decine di processi a boss e gregari di Cosa nostra. "Colpa" di una norma del "pacchetto sicurezza" che ha previsto che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, tetto che "sfora" le competenze dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni. Quando le pene comminabili diventano così alte il processo passa alla competenza della corte d'Assise.

Il risultato è che, da due giorni, in Sicilia già tre processi hanno subito uno stop imprevisto dopo che la Corte di Cassazione, accettando l'istanza di alcuni difensori degli imputati in un processo in corso a Catania, ha dichiarato l'incompetenza dei tribunali a giudicare in presenza di aggravanti e ha azzerato tutto assegnando il dibattimento alla corte d'Assise. E questa mattina a Palermo altri due processi si sono fermati per lo stesso motivo, quello contro i boss di San Lorenzo Madonia ed un troncone del dibattimento "Perseo". Ed è facile precedere che, nei prossimi giorni, la stessa sorte subiranno molti altri processi.

In allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha convocato una riunione per lunedì 15 febbraio per fare il punto su questa nuova "emergenza" che rischia di mandare in fumo decine e decine di processi. E sembra che il rischio di un azzeramento sussista anche per processi già conclusi in appello e in attesa di Cassazione visto che il testo della norma recita "in ogni stato e grado del giudizio". Tutto quello che è già stato fatto dai tribunali, dunque, verrebbe azzerato con gravissime conseguenze sia per i tempi del giudizio, sia per i provvedimenti di libertà personale degli imputati.

 

Quanto alla durezza delle condanne non è un'eventualità teorica: proprio la settimana scorsa i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo hanno avuto 30 anni in uno dei dibattimenti del filone "Addiopizzo", perché nei loro confronti i giudici hanno applicato la recidiva reiterata e specifica e le aggravanti di essere stati "capi e promotori", di avere costituito un'associazione armata e di avere sfruttato i proventi di attività illecite in iniziative economiche. Stessa cosa, è avvenuto nel processo d'appello Gotha per il boss Nino Rotolo, condannato a 29 anni. Scontato ritenere che le difese degli imputati non si faranno sfuggire l'occasione per provare ad azzerare i processi e ricominciare tutto daccapo.

Alfano corre ai ripari. "Tutti possono stare tranquilli: il governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative da un fatto positivo come l'inasprimento delle pene per i reati di 416 bis". Così rassicura il ministro alla Giustizia Angelino Alfano, che oggi è a Palermo.

"Non conosco nella sua motivazione, ma solo nel dispositivo la sentenza di Cassazione - ha detto - faremo di tutto per evitare che ci possano essere delle conseguenze negative per evitare un grande paradosso, e cioè che dall'inasprimento delle pene possa derivare un beneficio per i boss. Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia - ha aggiunto rispondendo ai giornalisti che riportavano le dichiarazioni allarmate di alcuni magistrati - perchè il governo dell'antimafia, delle leggi e dei fatti, provvederà a evitare che effetti distorsivi possano verificarsi soprattutto per i processi in corso".

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L'UNITA'

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2010-02-05

Cassazione: una norma aiuta i boss. Alfano: "Eviteremo risvolti negativi"

"Faremo di tutto per evitare che ci possano essere conseguenze negative e che si possa creare un grande paradosso e cioè che dall'inasprimento delle pene per i reati di 416 bis possano derivare benefici per i boss". Lo ha detto a Palermo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, commentando il recente provvedimento della Cassazione che, a causa delle norme contenute nel pacchetto sicurezza, rinvia le competenze e i reati con pene superiori a 24 anni alle Corti di Assise invece che ai Tribunali.

"Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia - ha aggiunto Alfano commentando l'allarme di alcuni Pm - perché il governo dell'antimafia delle leggi e dei fatti, provvederà a fare in modo che effetti distorsivi non si verifichino. Tutti stiano tranquilli perché il Governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative nascenti da un fatto positivo". Alfano ha spiegato di non conoscere ancora la sentenza della Cassazione nelle sue motivazioni, perchè non è stata pubblicata, "ma conosco - ha concluso - il dispositivo".

Il Partito democratico chiede al governo di intervenire "immediatamente", anche "con una norma transitoria" per "correggere" la parte del pacchetto sicurezza che ha bloccato in Sicilia già tre processi per mafia su decisione della Corte di Cassazione e che ha messo in allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha già convocato una riunione lunedì 15 febbraio: la norma della legge Alfano approvata l'anno scorso con l'intento di inasprire la lotta alla mafia infatti prevede che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, una pena così alta da non essere più competenza dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni, ma della corte d'Assise.

"Mi auguro - afferma il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - che si tratti solo di un errore, non voglio neanche pensare che qualcuno possa aver scritto una norma che destabilizza in questo modo la lotta alla criminalità organizzata. In ogni caso è evidente che l'errore si sta trasformando in orrore. Alfano dovrebbe intervenire immediatamente almeno con una norma transitoria che conservi la competenza dei tribunali per i procedimenti di mafia già iniziati in dibattimento. Il rischio è che tutto debba ricominciare da capo: sarebbe un regalo alla mafia e un danno durissimo per lo stato".

05 febbraio 2010

 

 

 

Quirinale: su giustizia riforme organiche

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Una conversazione sulle prospettive future della riforma della giustizia improntata come sempre a una chiara e leale collaborazione". Queste lo stringato resoconto del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sull’incontro avuto al Quirinale con il presidente della Repubblica mentre alla Camera entrava in dirittura d’arrivo il legittimo impedimento. Poche parole, dal Colle nessun commento, in cui spicca quel "prospettive future" che anticipa un gran lavoro ad un percorso, non è ancora definito quale potrebbe essere, che consentirebbe a Silvio Berlusconi di evitare i conti con la giustizia, attraverso la staffetta dal legittimo impedimento ad una norma, non più transitoria, ma articolata in modo tale da non incappare più nella bocciatura della Corte Costituzionale, com’è accaduto nell’ottobre scorso, per il Lodo che portava il nome del Guardasigilli.

L’incontro al Colle è servito innanzitutto per formalizzare con Napolitano, che le sue perplessità non aveva mancato di farle pervenire, lo stop del governo all’iniziativa del senatore Giuseppe Valentino che modificherebbe la possibilità di utilizzare le dichiarazioni dei pentiti. Il ministro Alfano ha voluto sancire nella più alta sede il netto no dell’esecutivo alla decisione "personale" del parlamentare che ha continuato a sostenere la sua idea: "Prendo atto della contrarietà del ministro, ma io non faccio passi indietro" contando almeno sul sostegno di Maurizio Gasparri per cui "non è accettabile il tono inquisitorio con cui si è liquidata quella proposta di legge". Ce ne sarebbero altri tifosi della proposta, non a caso presentata in Commissione Giustizia, quando cominciarono a trapelare i primi verbali di Gaspare Spatuzza su Marcello Dell’Utri, che non ha nessuna intenzione di finire stritolato nell’ingranaggio com’è successo in qualche modo ad un personaggio di indubbia forza qual è Cesare Previti. Ma molti di più sono quelli il cui interesse principale e salvare in ogni modo il Cavaliere.

La riforma della giustizia, nel suo complesso, è un impegno su cui sovente il presidente ha richiamato tutti i soggetti che di essa sono oggettivi protagonisti. L’invito di Napolitano, anche nell’ultimo discorso fatto alle alte cariche dello Stato alla fine dell’anno, a provvedere a norme che abbiano uno "svolgimento organico e di più alto respiro" rispetto al procedere per provvedimenti tampone dettati dall’emergenza è lì a dimostrarlo. Il Colle, nella fase di discussione sul legittimo impedimento dei giorni scorsi e nella prospettiva delle norme future, ha agito utilizzando quella "moral suasion" fatta di suggerimenti che non vanno in alcun modo ad intaccare l’autonomia di chi le leggi si assume la responsabilità di farle. Perché "quando il Parlamento lavora il presidente tace".

Nell’opera compiuta dal Quirinale c’è stato ben presente il futuro. Perché il legittimo impedimento è a termine. Ma è una legge transitoria verso cosa? La domanda, a cui al momento non è chiaro quale risposta sia possibile dare, è legittima. C’è in prospettiva un nuovo Lodo che tenga conto in tutti i suoi aspetti della sentenza della Corte Costituzionale? Oppure una riformulazione del tribunale dei ministri? O ancora una revisione dell’immunità? Il tempo a disposizione ci dovrebbe essere grazie al legittimo impedimento che, però, ha ancora da compiere l’altra parte del viaggio al Senato. Sullo sfondo di qualunque decisione, sui tempi e l’impegno, c’è la scadenza della sentenza della Cassazione su Mills, prevista per il 25 febbraio.

04 febbraio 2010

 

 

 

 

 

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